Dichiarazione Europea sulla Ciclabilità

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Lo scorso 4 ottobre la Commissione Europea ha proposto a Parlamento Europeo e Consiglio un preciso percorso per la piena attuazione della mobilità ciclistica.

Mobilità, quindi tutto è declinato sugli spostamenti e non in chiave sportiva, è bene chiarirlo subito. 

Sono interessanti le premesse poste dalla Commissione, dove emerge un concetto ancora poco sviluppato nel nostro mondo a pedali: l’inclusività.

Cito: “Il ciclismo migliora l’inclusione sociale, contribuendo alla salute e al benessere fisico e mentale delle persone. È un’attività fisica moderata che riduce i rischi per la salute e le morti premature legate alla sedentarietà. Le biciclette con assistenza elettrica (e-bike, speed-pedelec) sono sempre più diffuse e consentono di spostarsi le distanze più lunghe, soddisfano le esigenze di mobilità e trasporto delle famiglie, delle piccole e medie imprese (PMI) e raggiungere gruppi aggiuntivi, come gli anziani e le persone con disabilità o a mobilità ridotta

Inclusività delle persone quindi, con nuove fasce che possono essere attratte dalle e-bike; inclusività delle piccole e medie aziende che possono sfruttare le e-bike cargo, per esempio.

Ma perché questa Dichiarazione?

Perché combattere l’inquinamento è una delle priorità dell’attuale Europa, potrebbe non esserlo di quella che nascerà la prossima primavera e per questo è importante la Dichiarazione: vincolare gli Stati membri prima che una probabile vittoria di forze politiche dichiaratamente negazioniste possa vanificare gli sforzi sin qui compiuti.

Una Dichiarazione che nasce anche come naturale conseguenza degli ambiziosi obiettivi che la UE si è posta in tema di riduzione delle emissioni, soprattutto quelle derivanti dai combustibili fossili e quindi dal trasporto su gomma.

Ma oltre l’inclusività, altri sono gli aspetti innovativi. 

Si parte con la piena consapevolezza della bici, in qualunque sua declinazione, come mezzo di trasporto non solo paritario per diritti rispetto agli altri ma addirittura da privilegiare; proprio per le sue intrinseche caratteristiche.

Si prosegue con la raccomandazione di tener conto in ogni progetto sulla mobilità proprio di queste caratteristiche, muovendosi su più piani.

Che significa non parlare solo di ciclabili ma affrontare tutti i nodi: dall’intermodalità ai parcheggi sicuri passando per le accortezze che potrebbero usare le aziende per favorire gli spostamenti in bici dei propri dipendenti.

Mi espressi sul punto tempo addietro, non intendo certo sostenere di aver ispirato la Commissione, ma sono anni che auspico un approccio globale e non settoriale.

Si da grande risalto al tema della sicurezza, vista non solo dal “nostro” punto di osservazione ma anche qui con uno sguardo più vasto. Soprattutto si raccomanda di lavorare molto sulla percezione della sicurezza, che non significa fare propaganda ma eliminare tutte quelle difficoltà e pericoli che non invogliano tante persone altrimenti interessate a sostituire l’auto con la bici.

Ci si rende finalmente conto che il tema della mobilità dolce non può essere declinato solo nelle grandi città ma bisogna investire nelle aree rurali e meno densamente abitate, quelle cioè dove troppo spesso non c’è alternativa all’auto.

Chiude la premessa con il ribadire l’importanza di adeguati finanziamenti, perché, ovviamente, senza denari…

Ma oltre questi principi (otto, io ho scremato), ci sono ben trentasei “impegni”, chiari e definiti, che gli Stati membri potranno usare come bussola per orientare i loro investimenti.

Investimenti che prevedono il fattivo contributo del Fondo Sociale per il Clima, del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, del Fondo di Coesione, del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale, dello Strumento di Supporto Tecnico e infine del Fondo per la Ripresa e la Resilienza.

Rilevo, come già ho fatto qualche settimana fa, che l’attuale Governo Italiano ha praticamente eliminato dal PNRR nostrano ogni progetto, benché approvato, relativo alla mobilità ciclistica.

Per la lettura complessiva della Dichiarazione vi rimando al link che trovate a fondo pagina, io propongo solo alcuni impegni.

Impegni che riprendono in parte le premesse, come l’importanza della sicurezza e di piani che coinvolgano la mobilità per le aree rurali, così come la creazione di parcheggi sicuri, uno dei maggiori problemi per noi che ci spostiamo in bici.

Altri come la necessità di adoperarsi per rendere la Vision Zero14 (nessuna morte sulla strada entro il 2050) una realtà, anche per gli utenti stradali vulnerabili (pedoni e ciclisti in primis), raggiungendo nel contempo l’obiettivo intermedio di una riduzione del 50% dei decessi e dei feriti gravi entro il 2030.

Oppure rafforzare la formazione ciclistica – compreso insegnare ai bambini e ai giovani come andare in bicicletta, che non significa togliere le rotelle ma insegnare “a stare in strada”– e la consapevolezza in tutti gli utenti della strada, promuovendo campagne sulla sicurezza stradale, in particolare sui maggiori rischi per i ciclisti; perché troppo spesso, se non sempre, devono coabitare sulla identica sede stradale coi mezzi pesanti.

Senza tralasciare la volontà di creare le condizioni per aumentare la produzione europea di un’ampia gamma di biciclette (comprese le e-bike e biciclette per persone con disabilità) e i loro componenti, compreso l’accesso a materiali, attrezzature e il mantenimento di condizioni di parità a livello mondiale attraverso gli strumenti di difesa commerciale esistenti dell’UE.

In pratica si auspica di riportare in Europa molte produzioni attualmente delocalizzate in Estremo Oriente e al tempo stesso si pone l’accento sul grande volano economico rappresentato dalla bici (in altri punti non qui citati), creando un vero e proprio nuovo settore industriale “green”, che significa non solo posti di lavoro ma un globale miglioramento della qualità della vita.

Chiudo questo breve sunto con l’ultimo punto: l’importanza della raccolta dati, che la Commissione ritiene giustamente prioritaria perché se un fenomeno non lo conosci e studi, non puoi affrontarlo nel modo giusto.

Vi invito comunque alla lettura completa, il link vi ho detto a fine articolo; è in inglese ma molto semplice.

Solo poche mie considerazioni.

Tutte le maggiori associazioni europee, ECF, CIE, CONEBI a tante altre, plaudono a questa Dichiarazione.

Io però rilevo che seppure sia, anzi è, un importantissimo passo avanti, il rischio concreto resti tutto una bellissima dichiarazione di intenti è concreto.

Perché ci potranno essere Stati Europei che non l’accetteranno, non la voteranno, si opporranno; oppure la voteranno ma non gli daranno seguito, soprattutto se in quel momento al governo ci saranno forze che da sempre si oppongono alla mobilità sostenibile.

Se anche la Dichiarazione alla fine del suo iter divenisse una Direttiva, quindi obbligatoria per gli Stati membri, vi ricordo che l’Italia è uno dei Paesi col più alto spreco di denaro pubblico per infrazioni a cui mai ha posto rimedio. Giusto come esempio: dal 2015 a oggi solo per una delle 63 infrazioni l’Italia ha pagato già 315 milioni di euro e continua a pagarne 60.000 al giorno: si tratta dei mancati impianti per il trattamento dei rifiuti nella mia regione.

Se sommiamo a tutte le altre, stime del Corriere della Sera indicano oltre un miliardo già versato per far fronte alle innumerevoli infrazioni.

E per una volta posso dire pure io che è anche colpa dei Governi precedenti; seppure non tutti, perché quello che c’era subito prima è stato l’unico che è riuscito a ridurre qualcosa.

Ma a parte questo, c’è un elemento che mi preoccupa e si è capito trattarsi delle prossime elezioni europee.

Tutte le Nazioni sono già in piena campagna elettorale e il negazionismo climatico, l’inutilità di ogni provvedimento a favore della mobilità sostenibile (trattata anzi come un presa in giro se non peggio) nonché la incredibile disinformazione messa in campo senza risparmio, con una infinità di fake news (non solo sul clima, ovviamente…) sono tra gli argomenti più gettonati per catturare voti.

Mi preoccupa ancor più vedere non solo da un lato il massiccio ricorso alle menzogne ma la totale assenza di una controparte capace di ribattere; anzi, nel timore di perdere le elezioni anche i partiti storicamente più vicini e attenti ai temi ambientali e sociali stanno inseguendo se non sullo stesso terreno, su uno molto simile.

Gli obiettivi UE sono ambiziosi e solo apparentemente lontani nel tempo; o piuttosto, lontani per la declamazione dei risultati, vicini, vicinissimi per iniziare a fare qualcosa per raggiungerli.

L’Italia è lontanissima in termini di risultati dallo step previsto per il 2030, ne parlerò fra un paio di giorni.

Io resto speranzoso, per la prima volta però anche poco fiducioso.

Il link alla Dichiarazione

Buone pedalate.


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